Io non credo di aver mai visto un film in cui Rod Steiger non abbia reso estremamente importante il suo ruolo da protagonista , o che in un modo o nell'altro non lo abbia reso grandemente affascinante, e che questo fascino si sia quasi sempre tradotto in un notevole piacere alla visione dei film in cui egli appare.
Potrò sicuramente dire che questo titolo sarà sconosciuto alla maggior parte di voi, ma adesso volendolo potrete agevolmente riscoprirlo nel dvd italiano pubblicato a giugno dalla benemerita A&R, sempre da ringraziare visto che allo stato attuale questo film non era reperibile nella nostra lingua, e neppure in inglese, per il download. Anche qui, sono rimasto ancora affascinato dall'interpretazione di Steiger per tutto il percorso che il suo personaggio compie lungo il film, apprezzandone tremendamente ogni minuto.
Steiger impersona un finanziere tedesco di nome Carl Schaffner che opera tra Londra e New York, un tipo arrogante (come può essere arrogante colui che possiede montagne di soldi, per lo più di discutibile acquisizione, e che gli permetterà, se non ne sarà la causa, della sua disgrazia) il quale si mette nei guai con Scotland Yard, mentre è a Manhattan a intrigare per un suo prossimo piano speculativo.
L'indagine finanziaria e penale diventa improvvisamente così grave che è egli decide di dover fuggire e prende così a capofitto la strada dell'espatrio dagli Stati Uniti verso il Messico, col treno e non in aereo poiché è segnalato e incapperebbe nelle liste dei passeggeri , - ma non abbastanza velocemente per non vedere la notizia della sua fuga riportata da tutti i giornali, mentre egli è ancora auto confinatosi nella cabina del treno, nel suo lungo viaggio verso il Messico.
Pensando velocemente, con uno spunto da “Professione: Reporter” di Antonioni egli coglie l'occasione che gli si è presentata casualmente, di narcotizzare un altro passeggero a lui somigliante Bill Nagy/Paul [in Italia “Paolo”] Scarff, un uomo in viaggio con documenti messicani, che deruba dei suoi abiti e bagagli per poi gettare dal treno con addosso i suoi. Il destino ha però le mani volubili e qui è lo scarto geniale del racconto originario, tipicamente alla Graham Greene. L'uomo la cui l'identità Schaffner si è assunto è in Messico ben più ricercato di lui - un assassino politico eroe della popolazione povera per aver ucciso diverso tempo prima addirittura un dittatore Presidente del Messico, e quindi con da anni 100.000 pesos di taglia sulla testa, vivo o morto.
Finito dunque- dopo il lungo e notevole travaglio vissuto dal protagonista nella prima parte - in una piccola città nel nord delMessico, Schaffner si ritrova con un capo della polizia locale (Noel Willman)ambiguamente ostile e sicuramente corrotto il quale osserva ogni sua mossa, un uomo di Scotland Yard il Capo Ispettore Hadden interpretato dallo storico “M” di 007,Bernard Lee, con il fiato sul collo (ma incapace di poterlo toccare finché egli non attraversi il ponte per entrare di nuovo negliStati Uniti), senza amici, e una diminuzione dell'offerta di moneta contante. Egli come spesso avviene nei racconti diGreene, diventa quindi vittima della sua stessa natura, un uomo disperato finito per essere intrappolato dalla sua stessa avarizia e avidità.
Che “Al di là del ponte” sia un noir notevole del cinema britannico di quel periodo e oggi come detto un titolo piuttosto dimenticato, è opinione oramai consolidata. Appunto per questo, vi invito a vederlo e (ri)scoprirlo, a scoprirne l'ironia dei problemi del protagonista Steiger che peggiorano e diventano via via maggiormente pressanti, più (noi come pubblico) cominciamo ad entrare in empatia con il suo personaggio, con la trama che prende alcune sterzate molto sorprendenti (se non bizzarre) e dai tanti colpi di scena (più una buona manciata di “coincidenze” nel sano vecchio stile) lungo la sua strada.
C'è una nota che devo aggiungere, ed è importante. In un paragrafo precedente ho scritto che il protagonista è un uomo senza più amici. Sono stato scorretto nel dirlo è anzi, in un certo senso è del tutto sbagliato.
Non è possibile guardare questo film e ignorare il ruolo svolto dalla cagnetta meticcia (in parte Cocker Spaniel?) Che era sul treno poichè apparteneva all'uomo del quale Rod Steiger si è impadronito dell'identità. Una cagnetta che ruba quasi ogni scena nella quale è dentro, solamente con il suo sguardo. Sorprendentemente, e totalmente suo malgrado, Schaffner non ha un amico uomo, ma ne uno con degli occhi tristi quali non si potrà mai vedere altrettanto.
Non so se “Dolores” questo il suo nome, era un attrice di metodo o no, ma è una delle migliori spalle caratteriste cheSteiger abbia mai conosciuto. Durante la realizzazione di questo film ho letto anche che il tipo di recitazione col “metodo” diSteiger, così viene detto, lo mise in contrasto con Bernard Lee, per esempio, che interpreta l'avversario non del tutto etico diSchaffner in rappresentanza di Scotland Yard, ma proprio questa sua tecnica dà a Steiger un vantaggio in ogni film nel quale lo abbaiamo potuto vedere, e in maniera quanto mai evidente proprio in “Al di là del ponte”, un film che è oggi ingiustamente quasi sconosciuto, ma che non gli fa eccezione.
Il cane è stato accreditato nei titoli di testa come "Dolores", il nome del personaggio. Era stato trovato in un canile aLiverpool. Il suo addestratore ha guadagnato dal film abbastanza pubblicità per sé e per il canile, da come fu in grado di impostare “Dolores”
Questo
è stato uno dei film preferiti di Rod Steiger, anche
se era ancora più orgoglioso del suo lavoro ne “L'Uomo
del banco dei pegni”.
Anche
se ambientata in America, questa pellicola venne
interamente girata in Inghilterra per gli interni e
in Spagna per gli esterni, come ambientazione per
il Messico.
Gli
attori inglesi erano perplessi per il'metodo di recitazione di Rod
Steiger. Bernard Lee ebbe particolarmente
problemi con esso, ma al regista Ken Annakin piacque
l'animosità tra gli attori per come si conformava con le rispettive
caratterizzazioni.
Rod
Steiger insistette su due settimane di prove in modo da
poter pienamente fare i conti con la natura del suo personaggio.
Ken
Annakin considerava “Al di là del ponte” come
il miglior lavoro della sua lunga carriera.
Napoleone Wilson
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