"Mutanti di un disastro nucleare"
Video/Richard
Cross [Gianni Franco] :-[cercando di riparare un computer
rotto] "Questa stupida macchina ha bisogno di un calcio
nelle palle!"
Può
una sola scena fare di un film altrimenti non memorabile, qualcosa di
indimenticabile? Che vale assolutamente la pena di vedere?
Questa
era la domanda sulla quale sono stato costretto a riflettere quando
ho di nuovo scritto una recensione,dalla prima che scrissi nel 1985,
di "Rats: Notte di terrore".
"Rats:
Notte di Terrore" si apre nel 23 ° secolo. Come
risultato di una guerra nucleare, la Terra è stata trasformata in un
barbaro deserto. Mentre la maggior parte del genere umano si è
ritirato a vivere nei sotterranei, piccole bande di sciacalli di
superficie occasionalmente si vestono come una tribute band dei New
Order e se ne vanno a giro sulle loro motociclette. Il
film segue un gruppo di questi sopravvissuti alla ricerca di cibo,
imbattersi in una città fantasma, deserta, e alla fine finire per
essere attaccati da centinaia di ratti.
Per
la maggior parte, questo è il film. Nessuno dei personaggi è
memorabile (anche se ci sono l'attivissimo stuntman del nostro cinema
di genere Ottaviano Dell'Acqua [come Richard
Raymond] nel ruolo di Kurt, sua unica parte da
protagonista, e Massimo Vanni [col suo pseudonimo
anglofono di Alex McBride, nella parte di Taurus]) e
anche i cosiddetti talponi sembrano essere annoiati. Per la
maggior parte, il film non raggiungerebbe mai la fama che
indubbiamente possiede nè sarebbe da rivedere, tranne per la scena
finale. Dopo 90 minuti di languido caos, "Rats:
notte di terrore" si
presenta quindi con la celebre suddetta scena che riesce ad essere
strana, brillante, e in modo intorpidente assurda, il tutto allo
stesso tempo. La scena deve semplicemente essere vista, per
poter essere creduta.
Bruno
Mattei diceva spesso che "Rats: notte di
terrore" era il suo film preferito del numero
innumerevole di lavori di ogni genere da lui montati o diretti o ai
quali aveva semplicemente collaborato, più di "Virus,
l'inferno dei morti viventi" (1980), e "L'Altro
inferno"(1980) co-diretto con Claudio Fragasso,
mentre è finalmente generalmente accettato che Mattei era
il regista di alcuni dei più casarecci B-movie della storia del
cinema di genere italiano, avendolo anche ben conosciuto, ho
sempre avuto per lui una subdola ammirazione. E' difficile non
stimare qualcuno che sfidi ogni canone nel perseguire il suo
sogno. Il sogno di Mattei era quello di fare film e non ha mai
lasciato a qualcosa di simile al budget o al talento di impedirgli di
fare cinema a suo modo. Mentre Mattei è meglio
conosciuto per aver assunto la direzione di "Zombi
3" dopo che Lucio Fulci si ritirò
dal set per motivi di salute, è stato un regista prolifico che si
dilettava in ogni genere: "Rats. Notte di
terrore" è il suo contributo al genere
post-apocalittico.
Per
un breve periodo negli anni ottanta, l'attenzione dei registi
italiani di genere si trasferì dal cannibalico, dal Giallo e dallo
zombesco e si sono invece concentrati sul fare film sui motociclisti
post-apocalittici. Per la maggior parte, in questo mini- filone
non sono mai state realizzate grandi opere degne di una
trasposizione da "The Road". C'è
una schiacciante povertà di mezzi e idee, in molte di loro. E
se l'obiettivo di fondo del cinema di genere italiano è stato quello
di fare film che potessero passare per produzioni degli studio
americani, allora il genere post-apocalittico è però ciò
nonostante uno dei più vicini all'obiettivo che si sia riusciti a
realizzare in Italia. A differenza dei film di zombie o dei
Gialli, l'unica cosa che era ovviamente italiana circa la
maggior parte di questi titoli, è stata la partecipazione a vario
titolo di George Eastman/Luigi Montefiori.
"Rats:
notte di terrore", stranamente, non ha la
partecipazione di George Eastman/Luigi Montefiori. Ciò
che fa funzionare il film sono infatti i molti talponi. Ci viene
continuamente detto per tutto il film, che questi talponi mutanti
sono in realtà ratti, ma no, sono talponi mutati dalle radiazioni e
sono abbastanza, ovviamente, non solo talponi, ma anche talponi
intelligenti e voracissimi!
Io
non ho mai avuto la fobia
dei
ratti. Mi
ricordo ancora di quando avevo 12 anni e nelle campagne
della Maremma c'era
un posto in cui ogni tanto trovavo dei talponi morti dal veleno o
uccisi squarciati dai tanti gatti. Alle volte mi mettevo dei guanti
di gomma, e grazie ad una sporta in cui li infilavo me ne portavo via
ogni volta qualcuno, quanti fantastici scherzi che ci ho fatto. Una
volta ce n'era uno che emanava un puzzo di morto, ma quanto puzzava,
andai alla Coop lo misi direttamente nel cesto della spesa di una
delle più belle tope del posto.Un'altra volta ne tirai tre 3
direttamente oltre il muro del parcheggio mezzi della Polizia
Municipale. Una volta -che mi ricordi ancora-, passai veloce veloce
pedalando in bici e con la massima forza ne tirai uno (tra l'altro
tutto mèzzo e fràcico) direttamente in faccia ad una vecchia
ottantenne che se ne stava con la sorella vecchia pure lei, non ho
mai saputo se poi sia morta d'infarto o simili per il talpone, ma
fatto sta non l'ho più vista. Mi
ero quasi abituato alla loro puzza e non mi dava più fastidio, mi ci
sarei pure potuto profumare sotto le ascelle con uno di quei bei
talponi stecchiti, come in quella ganza pubblicità col ragazzo
asociale che si profuma strusciandosi addosso sotto la camicia, un
bel merluzzo. Tutta
questa digressione autobiografica per spiegare quanto io
-personalmente- non abbia mai avuto alcuna repulsione dei ratti,
tanto meno nessuna fobia. Anzi,
li ho sempre trovati carini con quelle zampette prensili, la codina e
gli occhietti rossi ecc... specie quelli bianchi di campagna o
granaio, e come si dice anche, "cavie da laboratorio".
Non
è certo quindi il vedere così tanti topi in un film
come "Rats", che mi può
minimamente mettere a disagio (o, come detto, tantomeno nella
vita reale), non riesco proprio a capire come in molte persone la
sensazione possa essere addirittura quella di farli venire i
brividi. Certo, ci sono anche alcune persone isteriche -spesso
giovanissime fichette- che hanno la fobia persino dei piccioni (sarà
perché sono comunque "uccelli"?) manco fossero appunto
talponi d'Arno malati di leptospirosi, ma a quest'ultime
consiglio sempre la via per il Dott. Cassano.
D'altra
parte, ogni volta che vedo un talpone, mi ricordo sempre di quel
magnifico episodio di "South Park" in
cui il signor Garrison, nel tentativo di essere
licenziato, fa il signor Slave suo nuovo assistente
di insegnamento.
E
ogni volta che ho rivisto "Rats: notte di
terrore", mi sono ricordato degli episodi
"pandemici" di "South Park", perché
i talponi in questo film sembrano essere circa della stessa
naturalezza aggressiva quale quella di un gruppo di porcellini
d'India vestiti come pirati.
Sì
dunque, "Rats: Notte di Terrore" ha
almeno metà del film che contrasta con la seconda parte. I
personaggi sono noiosi, i temibilissimi ratti mutanti sono semplici
talponi di Cinecittà, e il regista è il bravo e
simpaticissimo, sempre abbastanza casereccio Bruno Mattei. Ma
come detto, per la suddetta scena non è facile nè auspicabile,
liquidare questo film. Vorrei poter dire qualcosa sulla scena
senza rivelare tutto con un gigantesco spoiler. Vorrei
che ci fosse un modo. Potrei tranquillamente spandermi su quanto sia
strana, stupida, e al contempo stranamente meravigliosa, sempre la
scena di cui stiamo parlando dall'inizio, quasi un'estremizzazione e
una "continuazione" "rovesciata" e sicuramente
non intenzionalmente voluta del celebre finale de "La
Notte dei morti viventi".
Ma
vi dò un indizio concernente alla stessa. Succede come detto
alla fine. Non ha assolutamente alcun senso ed è così
estremamente strana che in realtà ti fa chiedere se magari l'intero
film è stato pensato per essere in qualche modo satirico. La
cosa particolarmente bizzarra è che la maggior parte degli
spettatori di solito indovinano per tutto "Rats", le
scene che seguiranno, una dopo l'altra. Prima di arrivare al
finale. E allora mi viene da pensare: "No, niente da fare. Non
c'è modo per prevedere ciò che sta per accadere. "
Così,
per un ritorno alla domanda iniziale, può una sola scena fare sì un
intero film sia da vedere?
Nel
caso di "Rats: notte di terrore", la
risposta è sì.
Gus, un'altra scena incredibile del film si vede in uno dei frame che hai postato su innanzi. Il topastro che esce dalla bocca diGeretta Gee a dormire nel sacco a pelo. Indoviniamo un po' da dove gli sono entrati dentro e si sono aperti la loro "strada"....
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNon è riportato da molte parti, ma un trivia molto interessante sul film è che a Cinecittà per l'arredamento degli interni della città abbandonata, e in particolare quello dell'albergo in cui si svolge la maggior parte di esso, furono riutilizzati quelli delle scenografie di Carlo Simi create poco prima per "C'era una volta in America".Opportunamente invecchiati e implverati. Incredibile, ma vero.
RispondiEliminaGrazie Napoleone, rece molto divertente!
RispondiEliminaNon posso che concordare con quel che dici sul finale. E' un finale che non può non colpire lo spettatore, oltre che inaspettato lo trovai molto horror e mi ricordò il finale di Don't look now, un film che davvero mi rimane in mente solo per il finale. Questo Rats, seppur con l'evolversi di trama scontato mi piacque di più.